Il trust italianizzato per sfuggire ai creditori

Saggio di commento alla sentenza del Tribunale di Milano, 27 maggio 2013, pubblicato in Vita Notarile, 2014, 171 e in Trusts & attività fiduciarie, 2014, 493

L’analisi delle conseguenze che derivano da un uso distorto del trust alla luce della pronuncia del Tribunale di Milano del 27 maggio 2013. L’importanza del momento temporale in cui il trust è istituito e le conseguenze giudiziali in cui la parte ed il Notaio rogante possono incorrere.

Oramai, sebbene non da molto, il dibattito in merito alla riconoscibilità del trust interno si è arrestato. Gli operatori del diritto hanno spostato i loro occhi sulla interazione che, per la funzionalità dell’istituto, deve necessariamente sussistere tra il diritto straniero ed il diritto interno, con il fine comune di farli convivere pacificamente (1). L’Italia, forse in controtendenza rispetto agli altri paesi – firmatari e non della Convenzione de L’Aja del 1° luglio 1985 sulla legge applicabile ai trust e sul loro riconoscimento (2) – ha per ora scelto di non dotarsi di una normativa interna al riguardo: la fusione dei nostri concetti giuridici con quelli del diritto straniero è pertanto di estrema attualità, ed è proprio questa fusione, supportata anche da un vasto panorama giurisprudenziale, che permette all’istituto di districarsi all’interno del nostro ordinamento. La contemporanea applicazione del diritto straniero e del diritto interno coinvolge tutte le comparse che ruotano attorno al trust. Tocca in primo luogo i professionisti che progettano l’atto: essi devono ideare, con una particolare attenzione al futuro, la programmazione del trust sulla base delle concrete esigenze che ne motivano l’istituzione, andando oltre l’effetto della segregazione che ogni trust naturalmente comporta, e guardando le esigenze che il trustee e l’eventuale guardiano debbano in concreto soddisfare (3). È il diritto straniero scelto dall’operatore che per definizione disciplina la validità di un atto istitutivo di trust, che detta le regole derogabili e non attinenti i diritti, le obbligazioni e i poteri delle parti, intendendo per parti i soggetti coinvolti in un trust cioè disponente, trustee, beneficiari e l’eventuale guardiano. Tocca i soggetti appena individuati: è il diritto straniero che legittima e regola le loro azioni, che saranno poi messe in pratica secondo il nostro diritto interno. Tocca i giudici: spesso chiamati a svolgere un ruolo di supporto al trust, devono combinare le nostre regole processuali con il diritto straniero (4). E così abbiamo assistito al bilanciamento tra l’accertamento della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità della tutela cautelare prevista dall’art. 700 del nostro Codice di procedura civile e la necessità impellente di revocare il trustee di un trust liquidatorio privo di guardiano e del quale il trustee stesso era anche disponente e beneficiario ultimo, per evitare – dato l’assommarsi in capo ad esso di ogni potere sul patrimonio e sulla gestione senza alcun contrappeso interno a favore di quei creditori che pure istituzionalmente dovrebbero essere tutelati – che proseguisse nel compimento di violazioni dei suoi doveri istituzionali dissipando e distogliendo i beni inclusi nel fondo in trust (5). Ugualmente è stato trovato un equilibrio quando si è trattato di valutare le istanze istruttorie avanzate nei confronti di un trustee (6). La considerazione dell’effetto segregativo che naturalmente sorge con l’istituzione del trust e dell’obbligazione del trustee di attuare il compito affidatogli, ha portato a concludere per l’inammissibilità dell’interrogatorio di un trustee. La confessione giudiziale, cui il mezzo istruttorio na¬turalmente mira, non può esser resa dal trustee. Il fondamento giuridico di tale conclusione risiede nella mancanza in capo al trustee della libera disponibilità dei beni in trust, che per definizione sono vincolati alla realizzazione del compito (7). L’attenzione si è posata anche sulla posizione soggettiva spettante a un beneficiario, quesita o non a seconda delle disposizioni dell’atto istitutivo, quando si è trattato di individuare i soggetti che devono necessariamente partecipare ad un procedimento che abbia ad oggetto la validità o l’efficacia dell’atto istitutivo di un trust o di un atto di dotazione, come nel caso dell’azione revocatoria (8). Sempre con riferimento alla posizione dei beneficiari, abbiamo assistito ad una flessione del loro diritto di informazione rispetto alla necessità di proteggere la formazione della volontà del trustee in relazione all’esercizio dei suoi poteri discrezionali (9). Sulla scia della tradizione dei paesi di common law, in cui ai giudici è attribuita un’ampia gamma di poteri che consentono loro di intervenire, anche abbastanza invasivamente, a sostegno o a protezione del trust, non è mancata l’analisi dei rimedi che possono essere chiesti al giudice nostrano per la gestione del trust. La combinazione tra la nostra lex fori per le regole processuali e la lex causae per decidere sul merito della domanda (10), tralasciando qui ogni questione inerente l’applicazione delle norme contenziose o della volontaria giurisdizione (11), ha così portato ad esempio all’applicazione dell’art. 51 della legge di Jersey: per la nomina di un nuovo trustee (12), per impartire istruzioni al trustee sulla condotta da tenere in un processo in cui era stato chiamato (13), e per gestire le conseguenze derivanti dall’impossibilità di raggiungere lo scopo in trust liquidatorio (14). In applicazione della legge inglese, che prevede che i beneficiari possono decidere di anticipare il termine finale del trust rispetto a quello fissato dal disponente o modificarne il contenuto, il giudice tutelare ha autorizzato una modifica dell’atto istitutivo con l’inserimento di nuovi tutori (15).

Note:
(1) Sul tema si veda M. Lupoi, L’interazione fra il diritto civile italiano e il diritto straniero in un originale atto istitutivo di trust, in questa Rivista, n. 3/2013, pag. 1049. (2) La Convenzione è stata ratificata dall’Italia in forza della Legge 16 ottobre 1989, n. 364 ed è in vigore dal 1° gennaio 1992. (3) Per la nozione di negozio istitutivo di trust quale negozio unilaterale programmatico si veda M. Lupoi, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova 2011, pag. 5 ss. (4) Per il ruolo di supporto del giudice si veda M.A. Lupoi, Primi temi del diritto processuale dei trust, in questa Rivista, 2014, pag. 245, che riproduce la relazione presentata al Secondo Convegno annuale di aggiornamento dell’Associazione “Il trust in Italia” tenutosi a Sorrento il 19 e 20 aprile 2013. (5) Trib. Milano, 22 gennaio 2013, in questa Rivista, 2013, pag. 537. (6) Trib. Reggio Emilia, ord., 6 ottobre 2008, in questa Rivista, 2009, pag. 35, confermata nell’ambito dello stesso procedimento da Trib. Reggio Emilia, 6 marzo 2010, sempre in questa Rivista, 2010, 274. Per un commento sul tema si veda M.A. Lupoi, Art. 2731 cod. civ. e controversia in materia di trust: al trustee non far confessare..., in questa Rivista, 2009, pag. 395. (7) Nel testo dell’ordinanza del Tribunale di Reggio Emilia, 6 ottobre 2008, [supra nota 6], si legge che “I beni affidati, difatti, sono vincolati alla realizzazione del compito e il vincolo impresso esclude che il trustee, pur essendo ‘titolare’ dei cespiti, possa essere considerato loro ‘proprietario’ con conseguente facoltà di disporre liberamente della res (la destinazione allo scopo del patrimonio in trust e la sua insensibilità alle vicende del trustee costituisce l’essenza dell’effetto segregativo, caratteristica fondamentale dell’istituto, che trova supporto normativo, oltre che nella legge regolatrice straniera, anche nell’art. 11 della Convenzione de L’Aja)”. (8) Sulla posizione giuridica dei beneficiari si veda M. Lupoi, Istituzioni, [supra nota 3], pag. 121 ss. In giurisprudenza si sono occupate del tema Trib. Reggio Emilia, 26 aprile 2012, in questa Rivista, 2012, pag. 493; Trib. Lodi, 30 gennaio 2013, in questa Rivista, 2014, pag. 53. (9) Trib. Napoli, 13 marzo 2012, in questa Rivista, 2012, 502 con un mio commento, Diritto di informazione dei beneficiari e ruolo del giudice, ivi, 621. (10) Sul punto in dottrina si veda: M. Dogliotti e F. Piccaluga, La modi¬fica del trust: giudice di common law e giudice italiano (virtuale) a confronto, in questa Rivista, 2004, pag. 552; G. La Torre e A. Fusi, Applicazione della legge straniera per la modifica delle clausole di un trust interno a favore di un interdetto, in questa Rivista, 2005, pag. 58; recentemente A. Di Sapio, Trust e amministrazione di sostegno, in questa Rivista, 2009, 480, a pagg. 485–491. (11) In giurisprudenza: Trib. Crotone, 29 settembre 2008, in questa Rivista, 2009, pag. 37 e in Riv. Notariato, 2009, II, pag. 481; sullo stesso caso dopo che il disponente aveva apportato una modifica all’atto istitutivo Trib. Crotone, 26 maggio 2009, in questa Rivista, 2009, pag. 650. (12) Trib. Genova, 29 marzo 2010, in questa Rivista, 2010, pag. 409. (13) Trib. Firenze, 17 novembre 2009, in questa Rivista, 2010, pag. 174. (14) Trib. Cremona, 8 ottobre 2013, in questa Rivista, 2014, pag. 303. (15) Trib. Firenze, G. tutelare, decr., 7 luglio 2004, in questa Rivista, 2005, pag. 85.

La realtà ci insegna però che non sempre la proget-tazione del trust rende giustizia alle sue potenzialità. Anzi. Non è raro leggere di trust strutturati per ledere la tutela patrimoniale dei creditori, come spesso avviene per i trust liquidatori, che invece di esser utilizzati come validi strumenti per la gestione della crisi delle imprese, diventano il mezzo per eludere gli interessi del ceto creditorio del disponente, persona fisica o giuridica che sia (17). Oppure di trust, come il caso da cui si è preso spunto per questa nota e che si commenta brevemente, strutturati con un intento fraudolento che rende irriconoscibili i tradizionali pilastri dell’istituto (18). Estrema rilevanza hanno le circostanze di fatto in cui si perviene all’istituzione del trust. Il disponente è fideiussore di una società di ca¬pitale (d’ora innanzi “Società”) debitrice di un Istituto di credito, in virtù di rapporto di conto corrente bancario nato nel 2002 cui accedeva un’apertura di credito. Al momento di accensione del rapporto bancario il disponente era il procuratore della Società. La Società si è venuta a trovare in evidenti difficoltà finanziarie e, nonostante l’ampliamento delle linee di credito avvenuto nel 2008 (e delle relative fide-iussioni), la stessa era costantemente in scoperto. La crisi esplode nel 2010 e alla fine dell’anno la Società è posta in liquidazione. Il liquidatore, che è sempre il nostro disponente, cancella la Società dal Registro delle imprese il 10 febbraio 2011. Nelle more della cancellazione si assiste, il 5 gennaio 2011, alla sospensione da parte dell’Istituto di credito degli affidamenti concessi e in seguito, l’8 febbraio 2011, alla loro revoca con contestuale richiesta di rientro. Successivamente alla cancellazione sono stati elevati a carico della Società cancellata numerosi protesti per assegni emessi tra l’11 febbraio e il 4 aprile 2011, evidentemente emessi con post-datazione. La Società è dichiarata fallita il 20 ottobre 2011. Per garantirsi dall’aggressione dei creditori il fideiussore istituisce nel settembre 2010 un trust di cui si nomina trustee e beneficiario, includendo nel fondo i beni immobili di cui è proprietario e non gravati da garanzie reali. Per correttezza va detto che il trust, regolato dalla legge di Jersey, individuava nelle figlie minori del disponente le beneficiarie a lui successive. L’Istituto di credito agisce ex art. 2901 c.c. per sentir dichiarare inefficace nei suoi confronti “l’atto costitutivo di trust del 16 settembre 2011, quale atto dispositivo dei beni immobili del convenuto”, che è ovviamente il nostro disponente. Il fideiussore-procuratore-liquidatore-disponente-trustee-bene-ficiario-convenuto non essendosi costituito è stato dichiarato contumace, e la causa è passata in decisione senza istruttoria. Ai fini dell’accoglimento della domanda l’Istituto deduce l’anteriorità del suo credito rispetto all’istituzione del trust, la consapevolezza del disponente di ledere la garanzia patrimoniale e la natura gratuita dell’atto istitutivo.

Note:
(17) Sui trust liquidatori si veda recentemente S. Leuzzi, Note sul trust liquidatorio, in questa Rivista, 2014, pag. 138; M. Lupoi, Due parole tecniche sull’atto istitutivo di trust liquidatorio, in questa Rivista, 2011, pag. 211; G. Sturniolo, L’utilizzo “distorto” del trust liquidatorio: problemi, prospettive e possibili soluzioni, in questa Rivista, 2013, pag. 401. In giurisprudenza Trib. Bolzano 8 aprile 2013, in questa Rivista, 2014, pag. 49; App. Catania, 21 novembre 2012, n. 1665, in questa Rivista, 2014, pag. 62; Trib. Treviso, 2 settembre 2013, in questa Rivista, 2014, pag. 310; Trib. Milano, Giud. del Registro delle Imprese, 12 settembre 2013, in questa Rivista, 2014, pag. 307; Trib. Milano 12 marzo 2012, in questa Rivista, 2013, pag. 49; Trib. Milano, 30 luglio 2009, in questa Rivista, 2010, pag. 80. (18) La pronuncia del Trib. Milano, 27 maggio 2013, è pubblicata in questa Rivista, 2014, pag. 46 e in Foro it., 2013, 3342 con nota di L. Caputi.

Il giudice per dirimere la questione interseca i fatti con le disposizioni dell’atto istitutivo. E così parte alla volta dell’analisi dei dati strutturali del trust. Si tratta di un trust autodichiarato, in cui per definizione il disponente rimette il compito a se stesso, così che nella sua persona coincidono disponente e trustee (19). È questo un trust che però va oltre. Infatti, colui che progetta la struttura decide di forzare fino al limite i principi dell’istituto prevedendo che il disponente-trustee sia anche beneficiario. Dovrebbe essere noto, ma non è scontato, che per il diritto dei trust il trustee, coincida egli o meno con il disponente, può essere beneficiario, purché non l’unico; ugualmente il disponente può essere beneficiario e, qualora sia l’unico beneficiario, non può ricoprire anche l’ufficio di trustee. L’analisi del giudice non si ferma a questa peculiare, per non dire paradossale, struttura soggettiva, ma va oltre e si spinge alla ricerca del compito del trustee. Neanche l’analisi di questo profilo salva l’impostazione del trust. Nell’atto istitutivo non vengono infatti indicate espressamente le obbligazioni del trustee “ma si fa riferimento ‘cumulativamente’ alle obbligazioni derivanti dalla legge italiana e dalla legge regolatrice del trust”. E così viene da chiedersi: sussisteva realmente la volontà del disponente di istituire un trust? (20) È noto che la valutazione della posizione del dispo-nente vada effettuata in concreto, poiché la titolarità di certi poteri in capo ad esso, presi singolarmente, possono non far venir meno la certezza che egli volesse istituire un trust; eppure, la somma di questi poteri può condurre alla conclusione opposta. L’atto in analisi, rileva il giudice, “si pone ben oltre il perimetro del trust autodichiarato” poiché il disponente ha la triplice veste di disponente, trustee e beneficiario “e (stante l’assenza di un guardiano), non ha di fatto alcun obbligo da rispettare” così che “il disponente, di fatto, continua a gestire i propri beni senza alcuna conseguenza patrimoniale per le obbligazioni precedentemente contratte”. In maniera più esplicita, andando oltre il dato di fatto della triplice veste del disponente, si può affermare:

  • che manca la produzione dell’effetto segregativo proprio del trust: di fatto il trustee ha piena libertà di amministrare e gestire i beni, senza che via sia una controparte che possa controllare il suo operato;
  • che manca l’interesse dei beneficiari che deve guidare il trustee nell’attuazione del compito (sempre che ci sia) e, mancano soggetti che possono intentare azioni contro il trustee. In prima battuta perché il di­sponente è beneficiario e quindi sarebbe paradossale ipotizzare che egli stesso possa criticare il proprio ope­rato; la medesima conclusione non è spostata dalla circostanza che le figlie siano qualificate beneficiarie in via successiva data la loro minore età. L’ulteriore singolarità che non meraviglia è l’attribuzione della sostituzione del trustee allo stesso disponente: “l’e­ventuale successivo trustee verrà nominato secondo le disposizioni del disponente, ove esistente, diversa­mente la relativa nomina sarà effettuata dal beneficiario finale”;
  • che manca “stranamente” il guardiano, soggetto preposto stabilmente ad interferire nella discreziona­lità del trustee limitando la libertà di cui gode nell’at­tuazione del compito a vantaggio dei beneficiari (21).

È palese che questo trustee non sia obbligato a nulla – così che non è qualificabile come trustee – e che manca qualsiasi profilo di affidamento, essendo l’intenzione del disponente unicamente finalizzata a produrre una falsa impressione nei terzi (22). Tutte queste mancanze portano il giudice a una duplice conclusione. Da un lato ritiene il trust, sebbene incidenter tantum, “radicalmente nullo perché in quanto in contrasto con gli artt. 13 e 15 lettera e) della Convenzione de L’Aja non potendosi riconoscere legittimità né ingresso nell’ordinamento italiano a un trust direttamente se non dichiaratamente volto a ostacolare la protezione dei creditori del disponente in caso di sua insolvibilità”. Tale conclusione, forse anche con lo scopo di dare un monito, si riflette anche sul Notaio rogante. Dall’altro, senza troppa difficoltà, allineandosi a quella giurisprudenza che ha accolto le azioni revocatorie proposte nei casi nei quali era evidente la prova della diversa finalità perseguita dal disponente, accoglie la domanda giudiziale dell’Istituto di credito (23). Domanda che, come precedentemente rilevato, è stata correttamente proposta contro il negozio che incide negativamente sul patrimonio del disponente, realizzandone la diminuzione qualitativa e quantitativa richiesta affinchè possa configurarsi l’eventus damni (24). Ritiene il giudice “sin troppo evidente che la costituzione del trust e il conferimento nel trust dei beni immobili di proprietà del disponente-convenuto ha lo scopo di paralizzare qualsiasi iniziativa dei suoi creditori sul proprio patrimonio”. Infatti, ai fini dell’art. 2901 c.c. sussiste l’anteriorità del credito rispetto all’atto istitutivo del trust; sussiste la lesione della garanzia patrimoniale del creditore; sussiste la consapevolezza del disponente di ledere le ragioni del creditore essendo plurimi e concordanti gli elementi indizianti; non è necessaria la consapevolezza dell’acquirente (coincidente con lo stesso convenuto) trattandosi di un atto a titolo gratuito. Ed ecco il crollo della progettazione.

Note:
(19) Per la definizione di trust “autodichiarato” si veda M. Lupoi, Istituzioni, [supra nota 3], pag. 4 ss. (20) L’insegnamento tradizionale afferma che l’atto istitutivo deve inequivocabilmente stabilire l’esistenza di tre elementi, le così dette “tre certezze”, e cioè: - la volontà del disponente di istituire un trust; - il fondo in trust; - che vi sia un beneficiario. In tal senso si veda M. Lu-poi, Istituzioni, [supra nota 3], pag. 42. (21) Per la figura del guardiano si veda M. Lupoi, Istituzioni, [supra nota 3], pag. 141 ss. (22) Il giudice sfiora, senza affrontarla approfonditamente, la problematica del trust sham in merito alla quale si rinvia a M. Lupoi, Istituzioni, [supra nota 3], pag. 80 ss. nonché M. Lupoi, La Cassazione e il trust sham, in questa Rivista, 2011, pag. 469; R. Belvederi, Alcune considerazioni in materia di sham trust, in questa Rivista, 2013, pag. 143. In giurisprudenza si veda Rahman v Chase Bank Trust Company (CI) Ltd. [1991] JLR 103 Jersey e in questa Rivista, 2004, pag. 296; Official Assignee in Bankruptcy in the property of Reynolds v Wilson [2008] NZCA 122, para. 71, in questa Rivista, 2009, pag. 184. (23) Si veda: Trib. Bologna, 9 gennaio 2014, in questa Rivista, 2014, pag. 293; Trib. Modena, 14 marzo 2012, in questa Rivista, 2013, pag. 51; Trib. Firenze, 9 novembre 2010, in questa Rivista, 2013, pag. 524; Trib. Torino, sez. Moncalieri, 15 giugno 2009, in questa Rivista, 2010, pag. 83; Trib. Cassino, 8 gennaio 2009, in questa Rivista, 2009, pag. 419; Trib. Cassino, 1° aprile 2009, in questa Rivista, 2010, pag. 183. Per una panoramica sul punto si veda M. Bucchi, Revocatoria ordinaria: agevole rimedio contro il trust gratuito in pregiudizio dei creditori del disponente, in questa Rivista, 2013, pag. 272. (24) In tal senso si veda M. Lupoi, in Trusts, Milano, II ed. 2001, pag. 592. In giurisprudenza si veda Trib. Monza, 3 gennaio 2013, in questa Rivista, 2013, pag. 647.

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